Biyombo, dal Congo al Canada senza leoni. Caro LeBron, "Not in my house"

Se in 24 anni hai già conosciuto tre continenti, sei scappato dal Congo e sei famoso negli Stati Uniti, se ti hanno già accostato più volte ad uno che di nome fa Dikembe Mutombo, allora la tua vita non è proprio uguale a quella dei tuoi coetanei.La storia di Bismack Biyombo potrebbe tranquillamente, già oggi, entrare in un qualche libro cuore del nuovo millennio. In prefazione ci starebbe bene il suo “Non ho paura di LeBron, solo dei leoni”, e nelle pagine a seguire ci si potrebbe soffermare a sciorinare un po’ di cifre tanto per catturare l’attenzione. Ma Biyombo, 111 chili equamente distribuiti nei suoi 206 centimetri, non si ferma a quello che è stato e pensa a quel che sarà, consapevole che la sua avventura nella Lega più bella del mondo sia ancora all’inizio.

Tutto parte da Lubumbashi, dove il giovane Bismack, con tre fratelli e tre sorelle, comincia ad appassionarsi alla pallacanestro. Di possibilità, però, nel Congo di inizio anni 2000, attraversato da più di una insurrezione civile, non ce ne sono tantissime. Meglio, allora, spostarsi un po’, almeno fin nello Yemen dove si mettono in mostra i migliori talenti del territorio; è il 2008, e se sulle tue giocate ripone le attenzioni Mario Palma, scout ed allenatore portoghese che nel vecchio continente ne ha conosciuti di talenti, vuol dire che il primo passo l’hai già fatto.
Tanti saluti al Congo e allo Yemen, per inseguire un sogno Biyombo deve prendere un aereo che lo porta dritto dritto in Spagna; su di lui tanto scetticismo, di africani con centimetri ma senza speranze di miglioramento ne sono passati tanti negli ultimi anni, ma il ragazzo ci mette pochissimo a farsi apprezzare. Un anno al CB Illescas per farsi le ossa, poi la grande occasione in massima serie con Fuenlabrada, terza tappa del suo viaggio. In Liga ACB pochi mesi, quanto basta per farsi conoscere al vecchio continente come uno dei talenti più grezzi ed insieme più promettenti che arrivano dal continente nero.

Il secondo passo decisivo di Biyombo arriva nel 2011: al Nike Hoops Summit di quell’anno, il ragazzo di Fuenlabrada si mette in mostra nella selezione mondiale dei pari età contro il team americano, chiudendo la gara con una tripla-doppia da 12, 11 e 10 stoppate. La prima tripla-doppia nella storia della competizione organizzata dal marchio col baffo. Quando mostri doti così, innegabile che la notizia arrivi dall’altra parte dell’oceano. Detto fatto, Bismack conosce il terzo continente della sua vita. È al Draft del 2011 che fa il grande salto, visto che viene scelto con la chiamata numero 7 dai Sacramento Kings, che subito lo girano agli allora Bobcats di Charlotte.

Nel primo biennio alla corte di Michael Jordan, Biyombo pare lontano dagli standard che tutti si aspettavano: le prestazioni individuali e quelle della squadra non esaltavano, il rapporto con gli allenatori passati nel North Carolina non è mai stato idilliaco e il paragone con i due grandi congolesi passati in NBA, Dikembe Mutombo e Serge Ibaka, non aiutava il 20enne Bismack a dare sfoggio di tutte le sue qualità. La stagione 2013-14 è probabilmente quella della svolta: le cifre messe in campo cominciano a mostrare netti miglioramenti e il contestuale infortunio di Al Jefferson gli concede lo spazio in quintetto di cui necessitava. È l’ennesimo aiuto dal destino di un ragazzo che, all’alba dei 22 anni, è pronto a muovere i primi passi come ci si aspettava.

Nell’estate del 2015 il suo accordo con Charlotte (nel frattempo, Hornets) si conclude e diventa unrestricted Free Agent; serve un altro passo (ed ancora un altro paese) per provare a migliorare, quando le porte che si aprono per lui sono quelle canadesi dei Toronto Raptors. Una stagione subito da protagonista, da non titolare chiude la RS con 5,5 punti e 8 rimbalzi di media e aiuta i suoi a raggiungere i Playoffs, i primi della sua carriera da professionista in NBA.

Il primo turno con Indiana non è esaltante: la serie si chiude solo in Gara 7 e Bismack non parte mai in quintetto. Alla fine le sue cifre saranno: 5,4 punti, 9,1 rimbalzi e 0,8 stoppate a gara. Altre sette gare anche con Miami, ma qui comincia ad intravedersi la personalità del ragazzo: dopo i primi (quasi) disastrosi tre episodi della serie, Biyombo trova il posto da titolare per non lasciarlo mai più. In Gara 7 contro i floridiani farà registrare il suo career high con una doppia-doppia da 17 punti e 16 rimbalzi. Chiuderà la serie contro Wade con 6,7 punti, 8,4 rimbalzi e 1,4 stoppate di media.
Poi l’accesso alle finali di Conference, le prime nella storia dei Raptors; dall’altra parte, però, ci sono i Cleveland Cavaliers del cannibale LeBron, uno che spesso passa dalle parti di Biyombo. I primi due episodi vanno ai Cavs, ma in Gara 1 lui non sfigura. Cavaliers che ripetono in Gara 2 e stavolta Bismack non ci fa una bella figura. La prima gara di finale di Conference all’Air Canada Center, però, è il suo habitat: chiude con 7 punti, 26 rimbalzi (record di franchigia) e 4 stoppate. Numeri impressionanti che si uniscono a quelli fatti registrare da quando parte stabilmente in quintetto: 9,4 punti, 11,8 rimbalzi e 2,2 stoppate per partita.

“È un giocatore pazzesco perché sa sempre dove cadrà la palla” ha detto di lui Dwyane Casey, allenatore dei Raptors dopo la gara e i rimbalzi recuperati stanotte. Una gara in cui, dopo la stoppata magistrale a cancellare Irving, mostra al pubblico canadese il celebre “Not in my house”, di mutombiana memoria, con tanto di indice sventolato al cielo.

Non sarà la svolta della serie, ma Toronto ha mostrato finalmente le sue qualità, così come ha fatto Biyombo. Lui che ha paura solo dei leoni. E di leoni in Canada non se ne vedono poi così tanti.

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Salvatore Malfitano Classe ’94, napoletano, studente di legge e giornalista. Collaboratore per Il Roma dal 2012 e per gianlucadimarzio.com, direttore di nba24.it e tuttobasket.net. Appassionato di calcio quanto di NBA. L'amore per il basket nasce e rimarrà sempre grazie a Paul Pierce. #StocktonToMalone