Cos'è cambiato rispetto a dieci anni fa? Play a confronto: Steve Nash e Steph Curry

da www.upi.com
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Con gli occhi puntati sul basket d’oltreoceano, ma anche su quello europeo, una riflessione è d’obbligo: che fine hanno fatto i veri playmaker? L’evoluzione del gioco sta portando sempre di più ad un maggiore atletismo, il che inevitabilmente porta le squadre di tutto il mondo, in questo caso parleremo di quelle Nba, alla ricerca di giocatori sempre più dinamici, esplosivi e dotati fisicamente. In più tutti hanno un margine di miglioramento, e a meno che non si acquisti un giocatore già finito (cestisticamente parlando), le squadre danno la possibilità a chi dimostra di avere del potenziale di crescere. Quindi è tutto molto più fisico, più dinamico, più tattico il gioco: gli allenatori oggi affrontano le partite con miriadi di schemi e di soluzioni, offensive e difensive. I ruoli sembrano mescolarsi: basti pensare a LeBron James. Uno dei suoi punti di forza è la capacità di poter marcare tutti e cinque i ruoli, dal play al centro … cosa che solo ad un certo Magic Johnson era possibile. Certo è l’unico oggi a poter fare ciò. Ma in un futuro non molto lontano quanti di loro ci riusciranno? Distinguere un play da una guardia, oppure un’ala da un centro non sembra più facile come una volta. A volte si sente dire, da giornalisti, telecronisti che un determinato giocatore, esempio Nash, “Beh Nash, lui si che è un play ‘puro’”, a dimostrazione del fatto che play non ce ne sono più? Analizziamo la questione da più vicino. Esempio eclatante di quest’anno che può essere preso in considerazione: Steph Curry. Sta disputando la prima di una probabile serie di stagioni memorabili. Percentuali al tiro pazzesche, partite sopra i 50 punti realizzati, squadra che gira intorno a lui e a Klay Thompson. Fino ad ora è lui l’Mvp della lega. Se così fosse, sarebbe il secondo play, dopo Rose a vincere il riconoscimento negli ultimi 5 anni, il terzo se consideriamo anche Nash, vincitore nelle stagioni 2004/2005 e 2005/2006, negli ultimi 10 anni. Ma quali differenze ci sono tra il play Curry e il play Nash? Partiamo dalle statistiche: Nash vinse il suo primo titolo Mvp ai Suns con 15.5 punti di media, 11.5 assist e 3.3 rimbalzi, tirando con il 50.2% dal campo, il 43.1% da tre punti e l’88.7 % ai liberi (le stagioni successive tirerà anche con il 90% entrando nel club dei 50-40-90); Curry attualmente ha queste cifre: 23.6 punti di media, 7.9 assist e 4.7 rimbalzi, tirando con il 48.1% dal campo, 39.9% da tre e il 90.0% ai liberi. Ovviamente la differenza tra i due non sussiste a livello fisico: salta subito agli occhi che Curry è molto più realizzatore di Nash, ma come il canadese distribuisse assist in maniera più proficua. Magari oggi con quelle cifre Nash non sarebbe Mvp, perché tra le due, e con le prestazioni fantastiche di Curry davanti ai nostri occhi, non esiteremmo un minuto a dire: Curry Mvp. I Golden State Warriors hanno il miglior record della lega, e se la giocheranno alla pari fino all’ultimo con gli Atlanta Hawks. I Suns di Nash del 2005 ebbero il miglior record con 62-20, con in panchina Mike D’antoni e la filosofia del “seven second or less”: la maggior parte delle azioni dei Suns iniziavano al secondo 24, e terminavano al secondo 17, con una quantità elevata di contropiede e tiri veloci che valse loro la più alta media di punti a partita realizzati dell’anno con 110.4 segnati per match. Ad orchestrare il tutto c’era proprio Nash, il quale macinava gioco a più non posso, insieme a Stoudemire e il loro indifendibile pick&roll. Di squadre che oggi giocano così non ce ne sono, e una motivazione plausibile è la mancanza di un play che detti i ritmi e gestisca al meglio ogni gara. Ecco perché potremmo definire Curry una guardia e non un play, anche se il trattamento di palla del numero 30 è notevolissimo. Ma le difese hanno più paura del Curry guardia che del Curry play, e non viceversa. Contro i Suns del 2005, il problema era Nash play, perché l’aspetto di guardia in lui non sussisteva, trattava la palla per la maggior parte del tempo in cui Phoenix attaccava e deliziava i compagni con qualsiasi tipo di passaggio. Probabilmente è stato l’ultimo vero play ‘puro’ della storia. Oggi chi potrebbe avvicinarsi a lui è Chris Paul, ma al momento non ha cifre da Mvp.

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Salvatore Malfitano Classe ’94, napoletano, studente di legge e giornalista. Collaboratore per Il Roma dal 2012 e per gianlucadimarzio.com, direttore di nba24.it e tuttobasket.net. Appassionato di calcio quanto di NBA. L'amore per il basket nasce e rimarrà sempre grazie a Paul Pierce. #StocktonToMalone