I Sixers e il paradosso Okafor: meglio con o senza?

Dall’altra parte dell’Atlantico sono tutti più o meno concordi: una delle poche note positive, forse l’unica, dell’inizio di stagione da 0-12 dei Philadelphia 76ers (che proprio non ce la fanno a non entrare nella storia dalla parte sbagliata) fa Jahlil di nome ed Okafor di cognome, promettentissimo centro da Duke. E i numeri, in apparenza, sono inequivocabili: 18.8 punti (48.3%), 7.5 rimbalzi e 1.3 assist di media a partita in poco più di 33 minuti di impiego.

Ma solo in apparenza, però. Perché si tratta di cifre e statistiche che celano un paradosso incredibile: Phila, infatti, fa meglio (per quanto si possa fare meglio in una stagione simile) quando il suo rookie è in panchina. E, anche in questo caso, i numeri costituiscono un robusto supporto a questa tesi, per quanto debbano essere necessariamente inquadrati in un contesto di pallacanestro non certo tra i più semplici.

Partiamo dalla difesa. Che i Sixers siano tra i peggiori della lega nella propria metà campo non ci piove: ventitreesimi per la precisione (nonché ultimi per punti segnati a quota 90.2) con 104.2 punti a gara concessi agli avversari. Che diventano 109.9 se si guarda alla statistica relativa a punti per 100 possessi: tutto questo, però, con Okafor in campo. Senza, infatti, la media scende a 92.9.

Non va meglio dal punto di vista offensivo: perché il 48.3% di cui sopra può facilmente trarre in inganno. L’ex Duke, infatti, è il giocatore che, più di ogni altro prende i tiri nel pitturato, in particolare con una distanza che è spesso al di sotto dei tre metri. Ed ecco come un dato confortante viene ad essere totalmente ribaltato ed una percentuale da buona si trasforma in rivedibile.

Senza contare anche altri due ordini di problemi: Okafor è il lungo della Nba che subisce più stoppate e quello che maggiormente incide in maniera negativa sull’offensive rating della propria squadra, che diminuisce in maniera spaventosa quando lui è sul parquet. E se il 63.3% ai liberi è tutto sommato scusabile (Drummond che è il centro dominante del momento fa addirittura peggio con il 42%), non così il numero di rimbalzi presi. Non tanto per la cifra in se (con il diretto rivale Towns che ne prende quasi 3 di media in più, mentre con il già citato Drummond non si comincia nemmeno) quanto, piuttosto, per la stessa cifra rapportata al 45% di rimbalzi disponibili presi: che è sì il dato migliore ma che, di fatto, risulta inutile per un centro che ne prende poco più di 7 a partita.

Estremizzando questi concetti, quindi, si può dire che i Sixers vadano meglio senza l’uomo sul quale hanno deciso di puntare in vista della ricostruzione? Ovviamente no, perché stiamo comunque parlando di un ragazzo di 19 anni e di numeri che vanno saputi leggere e contestualizzare. Giocare e bene, a Philadelphia non è facile per nessuno in questo momento: figuriamoci per l’ultimo arrivato. Per quanto bravo e promettente sia.

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Salvatore Malfitano Classe ’94, napoletano, studente di legge e giornalista. Collaboratore per Il Roma dal 2012 e per gianlucadimarzio.com, direttore di nba24.it e tuttobasket.net. Appassionato di calcio quanto di NBA. L'amore per il basket nasce e rimarrà sempre grazie a Paul Pierce. #StocktonToMalone