Top&Flop Golden State-Houston: Green giocatore totale, Howard delude ancora una volta

E’ finita come doveva finire. Con i Warriors avanti senza eccessive difficoltà, al netto dell’infortunio di Stephen Curry la cui entità precisa è ancora da valutare, e con i Rockets costretti a guardarsi negli occhi alla ricerca delle cause dell’ennesimo fallimento. Che, poi, son sempre le stesse da anni a questa parte: roster costruito senza capo né cosa, mancanza di una qualsivoglia alchimia di squadra, quadri tecnici sempre più confusi anno dopo anno. E una stella che non è ancora entrata nell’ordine di idee che farne 30 a partita non vuol dire niente se poi non ti spendi in difesa. Soprattutto se, dall’altra parte, ti trovi di fronte ad uno dei più ingiocabili sistemi offensivi della storia del basket.

TOP

Draymond Green: 15 punti, 9 rimbalzi, 8 assist, 2 stoppate, 1 recupero e +32 di plus/minus nell’elimination game, 13.2, 9.6 e 6.6 di media nelle cinque partite in cui, praticamente da solo, ha banchettato su ciò che restava degli Houston Rockets. Con Kawhi Leonard è uno dei migliori all around players della Lega, dominante come pochi sui due lati del campo. Figuriamoci contro una squadra incapace di reggere i ritmi dei Warriors per più di 15 minuti a partita. L’impressione è che non abbia ancora cominciato a mettere le marce alte;

Klay Thompson: in mancanza dello ‘Splash Brothers’ maggiore toccava a lui il ruolo di prima opzione offensiva. E non ha deluso: 27 punti in 29 minuti in gara 5 (10/14 dal campo, 7/11 da tre), 23.4 di media nella serie, con il 44.6% al tiro (44.2 da tre) e lo zenit dei 34 mandati a referto in gara 2. Anche lui andrà testato con avversari meno porosi, difensivamente parlando, dei Rockets, ma nella Baia possono preoccuparsi un pò meno delle condizioni di salute del numero 30.

FLOP

Dwight Howard: non inganni la doppia doppia (13.2 punti + 14 rimbalzi) di media. “Superman” è ancora una volta venuto meno nel momento decisivo. Con l’aggravante di non essere riuscito a fare la differenza nell’unico ambito in cui i Warriors possono dire di avere più di qualche punto debole: il pitturato. Il 54% dal campo nella stessa area di Bogut (con tutto il rispetto per l’australiano) non è un dato accettabile per chi doveva fare la differenza e non l’ha fatta. Fossimo in lui inizieremmo a porci delle domande;

James Harden: si può discutere uno che fa 26.6 punti, 5.2 rimbalzi e 7.6 assist di media contro una delle migliori difese su singolo possesso della Nba? Si se si considerano le 26 palle perse in 5 partite (poco più di 5 a sera) e un’attenzione difensiva che rasenta lo zero assoluto. Il “Barba” è certamente uno dei talenti più fulgidi in circolazione, ma da qui ad essere leader di una squadra vincente ce ne passa. E non è una questione di prendersi o meno i tiri decisivi (come quello della W della bandiera in gara 2); è un fatto di corretta lettura dei vari momenti della partita. E su questo Harden ha ancora molto, se non tutto, da imparare.

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Salvatore Malfitano Classe ’94, napoletano, studente di legge e giornalista. Collaboratore per Il Roma dal 2012 e per gianlucadimarzio.com, direttore di nba24.it e tuttobasket.net. Appassionato di calcio quanto di NBA. L'amore per il basket nasce e rimarrà sempre grazie a Paul Pierce. #StocktonToMalone