
Raptors, Nurse: "In Florida mi sento al sicuro". VanVleet: "Sarebbe giusto non giocare, ma la vita continua"
I Toronto Raptors sono la prima delle 22 franchigie coinvolte nella ripartenza della stagione NBA 2019/20 a presentarsi ad essersi recate in Florida. Per evitare un periodo di quarantena obbligatoria troppo a ridosso della ripresa delle attività, la formazione Campione in carica ha scelto di spostarsi presso la Florida Gulf Coast University ed ambientarsi, soprattutto con quelle che saranno le rigide procedure da seguire per evitare contagi. Il 9 luglio, quindi, avverrà lo spostamento presso l’ESPN Wide World of Sports Complex di Orlando.
Coach Nick Nurse, raggiunto da Eric Bontemps, di ESPN, ha commentato: “Da quanto tempo siamo qui? Credo cinque o sei giorni, e sono volati via molto velocemente. Non mi pare siano stati un peso e tutti noi non vediamo l’ora di tornare a giocare. Qui in Florida mi sento al sicuro; c’è davvero un’ottima organizzazione“.
Bontemps ha chiesto a Nurse se tra i giocatori dei Raptors serpeggi un malcontento, vista la situazione generale tra COVID-19 e proteste anti-discriminazioni razziali: “No, non ho avvertito alcun malcontento riguardo al dover essere qui. I ragazzi sono eccezionali e ritengo che la maggior parte di loro sia concentrata sulla propria carriera e sul migliorarsi costantemente. Il livello di gioco che sto osservando è molto alto“.
Di tenore alquanto diverso, invece, sono state le dichiarazioni di Fred VanVleet: “Il tempismo di questa ripartenza è tremendo, schifoso direi, come tutto il 2020 finora, per tutti noi. Tutti sappiamo che la cosa giusta da fare sarebbe non giocare e decidere diversamente. Ma la vita continua. Siamo tutti ragazzi giovani, di colore, e nessuno di noi vuole restare senza stipendio, sebbene tutti quei soldi potrebbero essere usati in vari modi“.
Sulle proteste seguite alla morte di George Floyd, VanVleet si dice convinto che non si esauriranno tanto presto, anzi: “Di certo tutto questo non finirà questa estate o nei prossimi mesi, poiché razzismo, ingiustizia sociale ed azioni brutali della polizia non finiranno presto. Sarà una lunga lotta“.
“Se la Lega o gran parte della mia squadra avrebbe deciso di non giocare, mi sarei certamente schierato al loro fianco” – aggiunge il 26enne di Rockford, Illinois – “Invece in tanti abbiamo scelto di scendere in campo e dovremo convivere con tutto questo. Spero che il mio cuore sia nel posto giusto e che io stia facendo abbastanza per indurre questo paese a cambiare”.