SlowMo Player: Gordon Hayward, the new MONEY MAN!

SlowMo (Slow Motion per esteso) è il termine americano per indicare il nostro “rallentatore”. La rubrica prende il nome proprio dall’analisi fatta a rallenty che condurremo su diversi giocatori del momento. SlowMo Player nasce con l’intento di scoprire il background dei giocatori più importanti e decisivi del momento, indagando sulle cause e sui meriti che lo portano sotto le luci della ribalta.

"Questo è andato a Butler University ed è andato praticamente ad un tiro, suo, da vincere l’NCAA" Federico Buffa su Hayward (realclearsports.com)
“Questo è andato a Butler University ed è andato praticamente ad un tiro, suo, da vincere l’NCAA”
Federico Buffa su Hayward (realclearsports.com)

Partiamo da 3 spunti, 3 visuali diverse ma allo stesso tempo convergenti sul nostro uomo. Il primo ce lo offre Flavio Tranquillo durante il Rising Star Contest del 2012: “Non guardate la copertina. Questo non è il bianco sfigato, è cattivo come l’aglio nel senso più positivo del termine. Le mani sono eccellenti e gli Utah Jazz per lui e per altri motivi sono una delle possibili squadre, non di questa stagione e della prossima, però magari tra 3/4 anni da oggi, avremo degli Utah Jazz se non del livello Stockton-Malone comunque sicuramente da Playoff”. E questa tenetela lì. Altro spunto, altra voce, non propriamente di contorno, è quella di Federico Buffa che, all’interno della stessa serata, dice: “ Francamente uno dei giocatori più sorprendenti, per agonismo, forza fisica, forza mentale e doti tecniche degli ultimi 10 anni del College Basketball”. L’ultimo ma probabilmente il più importante, il più indicativo, è quello che ci ha consegnato il telecronista della partita vinta dai Jazz sulla sirena contro i Cleveland Cavaliers: “Yes! The new MONEY MAN”. La storia di Gordon Hayward non è trascurabile, raccontata tanto dell’uomo che sta nascendo, dell’approccio alla pallacanestro, ma cercheremo di approfondirla in altri momenti.  Proveremo a spiegare qui come si fa a passare da talento purissimo a Butler University (14.4 punti e 7.4 rimbalzi di media in due anni) al coraggioso appellativo di money man, passando per il draft del 2010 e la nona scelta assoluta.

Il più completo giocatore di Butler degli ultimi anni? Sicuramente sì. Ma Gordon Hayward non ha mai posto un limite a ciò che può fare e ciò che può diventare, nemmeno al piano di sopra. Passata la delusione per quel suo tiro mancato che gli avrebbe permesso di gioire ed entrare nell’albo della NCAA, arriva il momento di passare tra i pro. Quella sera del 24 giugno era al Madison Square Garden, seduto al tavolo con la famiglia e alcuni amici. Un draft particolare, perché molto sottotono, esclusa la ovvia prima scelta (Wall), e molto incerto. I talenti sfornati furono tanti: Cousins, Bledsoe, George, Monroe, Bradley e addirittura al secondo giro ci sono giocatori come Lance Stephenson. Ma il viaggio che porta Gordon a Salt Lake City è piuttosto complesso perché accanto alla voce Jazz troviamo “da New York via Phoenix”. Si intende subito che lo Utah non è propriamente la miglior destinazione ma Hayward, dopo essere stato in dubbio fino all’ultimo momento se rendersi eleggibile o meno per il draft, accetta e si dice contento del posto in cui iniziare a muovere i primi passi da professionista. La verità? Forse non la ritroviamo in tutta quella “contentezza” della storica casacca vestita dai già citati Stockton e Malone. Il desiderio, il sogno, probabilmente ancora intatto, di Gordon è di giocare nel suo stato, nella sua squadra, ovvero sia gli Indiana Pacers. “Sono entusiasta di andare dove nello Utah. E’ un sogno giocare per i Pacers per chi è cresciuto guardandoli, ma penso che sia stato un sogno di tutti i ragazzini cresciuti nell’Indiana. Ma era un sogno anche  giocare nella NBA. Indossare la maglia degli Utah Jazz sarà qualcosa di molto speciale” affermò dopo la scelta di quella notte. Forgiato sotto le fatiche e il costante lavoro, la devota applicazione di coach Brad Stevens, attuale head coach dei Boston Celtics, Hayward muove i primi passi da professionista e dimostra subito di essere più che all’altezza del livello di gioco, ricevendo attestati di stima da leggende e hall of famer. Il primo a spendere grandi parole per lui è coach Jerry Sloan, una leggenda dei Jazz, che lo definirà uno “smart player that knew the game really well” (un giocatore intelligente che conosce molto bene il gioco). Il cammino prosegue ma non è semplice: le stagioni letteralmente rovinose dei Jazz, dovute anche alle grandi partenze (vedi Deron Williams, Paul Millsap e Al Jefferson), non aiutano affatto il giovane Gordon ad emergere e a spiccare. Ma allora come si diventa un franchise player in così poco tempo, partendo dal nulla e avendo accanto mai una stella, mai un giocatore determinante? Il passo è davvero lungo, ma non per Hayward. Le responsabilità che la società ha deciso di poggiare quasi interamente sulle sue spalle sono state il vero fulcro, la vera motivazione che ha portato il talento dei Bulldogs alla persona e al giocatore che ora noi tutti vediamo. Del resto, i numeri sono dalla sua parte e testimoniano una ascesa in termini di leadership e apporto alla squadra non indifferente: la sua media punti passa da 5.3 nel 2011, a 11.8 nel 2012; la crescita continua e nel 2013 sale a 14.1 prima di raggiungere, nel 2014, il suo massimo in carriera, ovvero sia 16.2 a sera.

First NBA game winner for GH20 vs Kings (sports.yahoo.com)
First NBA game winner for GH20 vs Kings (sports.yahoo.com)

Basta questo al concetto di money man? Vale, dunque, dire che stando alla grande legge dei numeri, nei finali e nei momenti più importanti ci si può e ci si deve affidare a un 24enne? L’idea di money man è proprio questa, ovvero sia l’uomo a cui affidare i soldi, l’uomo di cui ci si fida, l’uomo dall’affidabilità e dalla sicurezza smisurata. La risposta alla nostra domanda è chiaramente negativa. No, non bastano i numeri, non basta essere diventato il leadership carismatico dei Jazz, non basta incarnare il simbolo cestistico dello Utah e non basta avere la faccia pulita da bravo ragazzo per catturare la stima dei tifosi. Conta solo quello che si fa, conta la reazione davanti ai problemi, alle difficoltà, davanti al cronometro che inesorabilmente scorre verso lo zero e la tua squadra è sotto. Conta, dunque, METTERLA DENTRO, questo fa un vero money man. E’ affrettato definirlo così, dandogli l’ennesima croce da portare? Anche qui vige il No. Perché è una storia che si ripete quella di Hayward. Già vincente all’high-school sulla sirena, lo stesso ha fatto al college, sfiorando di pochissimi centimetri il canestro che avrebbe tramortita tutta la Duke University, arrivando nella NBA con l’intenzione di replicarsi. Prima i Kings e poi i Cavs, appena 9 giorni fa. Dietro a quel “semplice” step-back c’è tutto il lavoro di un ragazzo che ha sempre fatto della pallacanestro il flusso vitale, la linfa che gli permette di stare al gioco ai livelli più alti. Conoscitore del gioco e forse non più studente, anche se il rigore di coach Stevens insegna che non si finisce mai di imparare. Il nostro SlowMo si rifà proprio a questo, all’analisi delle caratteristiche tattiche molto evolute nel tempo, alla visione di gioco migliorata dal 2008 in poi e dalla interminabile voglia di affermarsi per quello che è. Le statistiche lo premiano ancora, visto e considerati i 18.4 di media, i 4.7 assist a sera e i 6.3 rimbalzi catturati ad allacciata di scarpe. Arriva in NBA come buonissimo talento da modellare, soprattutto difensivamente. L’approccio alla parte più dura del gioco è quello che fa di lui attualmente un giocatore completo per l’età anagrafica che ha sui documenti. Molto solido, molto più attento e molto più smart, che non sempre va tradotto con intelligente, potendo utilizzare l’accezione di furbo. Un esempio? Il progressivo crescere delle stoppate e dei rimbalzi. Per migliori spiegazioni potete rivolgervi all’armadietto numero 23 della Quick Loans Arena di Cleveland; il proprietario è LeBron Raymone James e, sebbene fosse stato il primo ad elevare ad arte la chase-down, ha subito di recente la sua “invenzione” proprio per mano di Gordon.

Se i suoi Jazz sono o saranno una squadra da PO, come pronosticava nel 2012 Tranquillo, non lo sappiamo e non lo sapremo ancora per un bel po’. Se i Jazz si avvicineranno grazie ad Hayward allo splendore dei momenti vissuti con Malone e Stockton nemmeno. Ma di certo possiamo dire che l’uomo dai tanti soprannomi, partendo da Commissioner Gordon (il famoso capo della polizia della Gotham City di Batman), passando per G-Time, arrivando a Too Big Yo, è diventato a tutti gli effetti THE NEW MONEY MAN.

About The Author

Salvatore Malfitano Classe ’94, napoletano, studente di legge e giornalista. Collaboratore per Il Roma dal 2012 e per gianlucadimarzio.com, direttore di nba24.it e tuttobasket.net. Appassionato di calcio quanto di NBA. L'amore per il basket nasce e rimarrà sempre grazie a Paul Pierce. #StocktonToMalone