Il racconto europeo di Pessina: il percorso degli azzurri, Gasol, Gallinari e il futuro italiano

A esattamente una settimana dalla fine di Eurobasket 2015, NBA24.it ha intervistato con grande onore una colonna della pallacanestro italiana, ora commentatore per Sky Sport. Ha accompagnato in maniera perfetta un magistrale Flavio Tranquillo nelle trasferte di Berlino e Lille, non sfigurando e dimostrandosi soprattutto una persona seria e soprattutto competente. Stiamo parlando di Davide Pessina, ex giocatore di Torino, Milano, Cantù, Treviso, Roma, Biella, Siena e soprattutto giocatore della Nazionale Italiana per 44 partite. Chi meglio di lui ci può raccontare l’esperienza azzurra agli ultimi Campionati Europei?

Prima di partire con gli aspetti tecnici volevo chiederle: com’è vivere non da giocatore una manifestazione del genere? Lei ha vissuto dal vivo anche le finali NBA e immagino che le differenze siano sostanziali. Come descriverebbe la sua personale esperienza a questo Eurobasket?

Io purtroppo ho smesso di giocare da un po’ quindi mi sono anche abituato ad assistere alle cose da fuori. È anche vero che è stata la prima volta che ho fatto una manifestazione con la Nazionale, una manifestazione di questa importanza. Per cui sicuramente l’aspetto emotivo è stato diverso rispetto a tutte le altre telecronache che avevo fatto però è una cosa molto stimolante, bella. Bisogna riuscire a trovare sempre il giusto equilibrio ma è stata una cosa in più molto importante. È una partecipazione sicuramente diversa, cercando di essere meno tifoso. Questo ha reso il tutto molto più intenso. L’organizzazione è stata di buon livello, anche se la macchina NBA, soprattutto per le finali, è una macchina perfetta ma devo ammettere che anche questo Europeo è stato organizzato molto bene, sia a Berlino che a Lille era tutto perfetto. La grossa differenza è stata la postazione di commento: nelle finali NBA eravamo davvero molto in alto dove è abbastanza difficile riuscire a veder bene; invece sia a Berlino ma soprattutto a Lille avevamo una visione perfetta, proprio sul campo, appena rialzati e questo ci ha messo nelle condizioni migliori per lavorare.

Procediamo seguendo una linea temporale e iniziamo dal girone di Berlino. Inizio un po’ col freno a mano tirato prima di carburare poi come un diesel. Cosa non ha funzionato all’inizio e cosa invece ha permesso la svolta agli azzurri?

Io credo che, di base, non abbia funzionato il primo quarto con la Turchia. L’impatto è stato molto forte e probabilmente la Turchia l’aveva preparata per partire con grande aggressività e ha fatto lo stesso anche con la Germania. L’Italia non era ancora pronta all’impatto con l’Europeo, poi dopo le cose si son messe apposto. È arrivata l’Islanda e, anche col senno di poi, era una partita non semplice ed è stata non semplice. Dopo il giorno di riposo e dopo aver ridotto l’impatto con l’Europeo, giochi contro una grande squadra come la Spagna che ti dà grandi motivazioni e lì gli azzurri si son sbloccati, lì è venuta fuori una partita pazzesca , forse anche al di là di quello che ci si potesse aspettare. Questo ha dato molto fiducia per il prosieguo della manifestazione. Poi abbiamo vinto con la Germania a fatica ma comunque una vittoria molto importante; quindi, rispetto alle prime giornate, la squadra ha capito che poteva far bene, trovando fiducia e punti di riferimento, senza farsi prendere dall’ansia vista all’inizio contro la Turchia.

Ecco, restiamo sulle imprese contro Spagna e Germania. Se dovesse scegliere due istantanee, due momenti chiave delle due partite, quali sarebbero?

Difficili da trovare ma su due piedi dico: contro la Germania il canestro di Gallinari del pareggio, un tiro difficile che ha voluto prendere e l’ha segnato con grande calma, con grande serenità; contro la Spagna, invece, devo dire l’inizio del secondo tempo, con Belinelli che cambia marcia con 2 canestri di fila e con tutti che da lì in poi gli van dietro. Dopo un primo tempo giocato comunque bene ti aspetti in qualche modo un calo dopo l’intervallo mentre invece la squadra ha preso consapevolezza e ha continuato bene fino alla fine. Forse la continuità che abbiamo avuto per tutta la partita è stata la cosa migliore.

La Serbia è stata di un altro pianeta, almeno nella fase a gironi e quindi sorvoliamo volentieri… Poi Israele, dove forse abbiamo visto una delle migliori prove italiane del torneo, indipendentemente dal risultato. Più bravi noi a renderla facile o siamo stati in un certo qual modo aiutati da un accoppiamento decisamente alla nostra portata?

Sicuramente Israele non era a livello delle squadre del girone di Berlino ma sottolineerei la nostra bravura, perché comunque quelle sono partite complicate. È la prima partita ad eliminazione diretta, su un campo nuovo e contro una squadra che storicamente ti è inferiore, quindi puoi correre il rischio di sbagliare l’approccio e in qualche modo complicartela. L’Italia è stata molto attenta, molto costante, con un pian partita preparato molto bene ed eseguito altrettanto bene ed è sembrata facile una partita che poteva non esserlo. Questo secondo me è un pregio, una capacità. È stata una cosa confortante, sono stati davvero molto bravi.

Sono contento che ha sottolineato la giusta gestione del piano partita perché molto spesso, anche durante questo Eurobasket, sono arrivate critiche nei confronti del nostro coach Simone Pianigiani…

C’è stata la capacità di crescere di tutti, anche per Pianigiani durante l’Europeo. Pianigiani e il suo staff hanno preparato sempre molto bene le partite con grande attenzione, con grande capacità di leggere punti forti e punti deboli degli avversari. Questo è un aspetto da non sottovalutare ed è molto importante, se non decisivo, per i giocatori trovare delle indicazioni chiare su cosa fare. Poi alla fine giochi partite ad eliminazione diretta e può succedere di tutto, com’è successo alla fine. Credo però che le partite sono state preparate sempre bene.

È arrivata la Lituania, che possiamo ormai considerare come l’Italia per la Germania (non vinciamo mai). Una partita bellissima per ritmo, intensità e qualità del gioco, da una parte e dall’altra, prima del crollo nel supplementare. Sotto quale aspetto secondo lei l’Italia doveva insistere per far sua quella gara?

La cosa che mi colpito di più della Lituania nella fase finale è stata la condizione atletica. Stavano molto bene, giocavano di fisico, erano tosti e l’Italia ha un po’ subito questo aspetto, che è invece una cosa che devi aspettarti. La Lituania è riuscita a giocare molto bene, ha giocato la pallacanestro che voleva e quindi si è arrivati punto-a-punto in una partita dove probabilmente gli azzurri potevano provare ad andar via un po’ prima. Loro, però, hanno fatto sempre canestro e hanno fatto una grandissima partita, praticamente perfetta.

Dalle sue mani delicate arriva un assist perfetto per la prossima domanda, incentrata proprio sulla condizione fisica delle squadre. C’è chi, come la Serbia, ha dato tanto, forse tutto, nella prima fase, arrivando poi evidentemente scarica nel finale, un po’ lo scotto che abbiamo pagato anche noi visto che nel supplementare siamo letteralmente crollati; c’è chi, invece, come la Spagna ha agito diversamente, caricando di più e quindi più impallati nella fase iniziale per poi arrivare al top della forma 10 giorni dopo, quando c’erano da giocare le partite che contavano davvero. Questo aspetto crede possa essere una chiave di lettura giusta per comprendere meglio anche la vittoria finale della Spagna? L’Italia secondo lei poteva fare una scelta diversa?

Questa manifestazione si basa molto sull’essere in condizione, sullo stare bene, sul trovare il picco di forma nel momento giusto. Il problema principale è che è molto difficile, è veramente complicato riuscire a programmarlo perché se tu programmi di essere in forma troppo più avanti rischi di non arrivarci più avanti. La Spagna sotto questo punto di vista è andata molto ma molto vicino a tornare a casa. La Spagna poi è una squadra anche estremamente esperta: ne ha giocate tante, non si fa prendere dal panico e quando poi vinci vai sempre a salire. Poi secondo me per la Spagna c’è anche un altro fattore: erano anni che io non vedevo un giocatore così dominante come Gasol. Una spanna almeno sopra tutti gli altri. La Serbia è andata un po’ calando fisicamente ma anche in questi casi (quelli della preparazione atletica, NdR) non vige una sola regola. Certo è che avere vita facile nel girone non sempre ti aiuta. Quasi “conviene” trovare delle difficoltà prima della seconda fase, l’Italia le ha trovate ed è andata avanti, la Spagna le ha avute ed è andata avanti. La stessa cosa è capitata alla Francia: girone facile, tutto facile, poi ha giocato contro la Spagna la prima vera partita difficile e non era pronta. La capacità di salire di livello durante la manifestazione è una cosa molto difficile da programmare. Puoi provare con una squadra esperta come la Spagna, rischiando. Altrimenti devi trovare il modo di mantenere una condizione fisica ma soprattutto nervosa sempre in equilibrio.

Non vorrei parlare dei singoli, perché secondo me questa Italia ha fatto innamorare tante persone per la forza che il gruppo a mostrato, a prescindere dalle individualità. Però una domanda gliela devo fare. Belinelli sempre presente nei momenti importanti, Bargnani dopo una prima partita da incubo ha finito decisamente increscendo e Gallinari è sempre stato decisivo. Da chi l’Italia ha avuto il maggior apporto tra questi 3 giocatori?

Loro 3 hanno portato un po’ quello che tutti noi ci aspettavamo portassero. Poi la mia sensazione è che Gallinari sia il giocatore più forte di questa Nazionale, quello che può far fare il reale salto di qualità. Però Belinelli con la Spagna, ma non solo, è sempre stato molto presente. Bargnani ha praticamente cambiato il suo Europeo dalla partita con la Spagna, stimolato dalla sfida con Gasol, dalle prime due partite non delle migliori, ha trovato la capacità di reagire e ha fatto anche lui un buon torneo. Poi a me sono piaciuti anche dalla panchina quelli che hanno giocati buoni minuti come Aradori, per certi versi anche Hackett, Cusin soprattutto nella fase di Lille è sempre stato pronto. Per cui penso che alla fine imputare qualcosa a qualcuno sia difficile. Era un’occasione, si è dimostrata anche dopo quando potevamo andare veramente avanti. È anche vero che essendo partite secche, giochi una partita dove la Lituania fa sempre canestro e rischi di star fuori, com’è realmente andata poi.

La riporto un attimo indietro nel passato: siamo a Roma, nel 1991, quando l’Italia ospita l’Europeo e riesce a strappare una grande medaglia d’argento, perdendo in finale contro la Jugoslavia. Il playmaker di quella Nazionale era tale Nando Gentile. Lei aveva poco più di 23 anni, quasi gli stessi di Alessandro Gentile. Lei che ha avuto modo sia di giocare al fianco di Nando che veder giocare dal vivo Alessandro, esistono dei punti di contatto in termini di gioco e di mentalità tra padre e figlio? Chiaro, il ruolo è un attimino diverso, Nando più play di Ale…

A livello di mentalità ci sono molte similitudini. Sotto il punto di vista del gioco sono abbastanza diversi, perché vuoi o non vuoi Alessandro ha una struttura fisica completamente diversa. È più grosso, è più forte fisicamente, è un ruolo diverso, però come carattere, come personalità ci sono tanti punti in comune come la faccia tosta, la “paura di niente”, la capacità di prendersi responsabilità in qualsiasi momento, anche ad età molto molto giovane, la stessa capacità di sfidare il mondo. Insomma, si vede che quello è il DNA, ha preso sicuramente da papà!

Ci aspetta un preolimpico non semplice, sperando che la sede del nostro gruppo possa essere quella Torino che ha visto muovere i suoi primi passi. Belinelli ha confermato già la sua presenza, lo stesso farà Gallinari. Basta secondo lei la conferma di questo gruppo visto agli europei per andare a Rio?

No, non basta. È il primo passo fondamentale, ci vogliono tutti i giocatori possibili e i migliori giocatori devono esserci, su questo non c’è dubbio. Però poi è complicato lo stesso. Non si capisce ancora bene quale sarà il metodo di selezione delle squadre, in che fasce. Per cui è sicuro che una tra Francia, Grecia, Serbia te la becchi e quindi è già complicato. Poi dipende chi becchi tra il Canada o la Cina e di certo cambia il valore delle squadre. Se l’Europeo, il Mondiale, le Olimpiadi sono per un certo verso difficilmente pronosticabili per il solito discorso della partita secca, questo lo è ancora di più. Credo che i gironi siano da 6, suddivisi in altre gironcini da 3 e poi chi vince giochi le semifinali incrociate e poi la finale. Insomma, ti giochi tutto già dalla prima, perché se la perdi sei già quasi fuori. Ci saranno avversari complicati e dobbiamo ancora aspettare tutta una serie di cose. Indipendentemente ai criteri dei gironi, è comunque una fase che lascia un margine di errore quasi nullo.

Per chiudere, ci dice il suo personalissimo quintetto ideale?

Lo faccio diverso, nel senso che non seguo le canoniche regole sui ruoli anche perché non dà poi spazio a chi merita. Dico Rodriguez, metto De Colo, perché comunque la Francia è arrivata fin lì. Gallinari e Gasol sicuro e poi come valore in assoluto dovrei dire Maciulis perché ha fatto un buon Europeo però Antetokounmpo è quello che avrà più futuro tra le ali piccole viste a questo Europeo. Quindi dico il greco.

A noi non rimane altro che ringraziare Davide Pessina per la disponibilità, la cortesia e ancora la grande competenza che dimostra di avere.

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Salvatore Malfitano Classe ’94, napoletano, studente di legge e giornalista. Collaboratore per Il Roma dal 2012 e per gianlucadimarzio.com, direttore di nba24.it e tuttobasket.net. Appassionato di calcio quanto di NBA. L'amore per il basket nasce e rimarrà sempre grazie a Paul Pierce. #StocktonToMalone