LeBron James, la superiorità dei Warriors e quel paragone sbagliato con i Miami Heat

LeBron James è ad un passo dalla quinta finale persa in carriera e tutti i dubbi iniziano ad assalire le menti – e le penne – degli addetti ai lavori. Nel classico Media Availability della vigilia della gara, King James si concede per 10 minuti alla stampa che, ovviamente, lo bombarda di domande sul futuro, sul presente e sul passato. Abbiamo raccolto le risposte più importanti di LeBron James.

Sulla possibilità di creare dei super team e sul “permesso” che la lega ha concesso ai Warriors di poter firmare KD, James si esprime in questi termini: “E’ stato ingiusto che Kevin sia andato a giocare per loro? Fa parte delle regole. Voglio dire che se hai la possibilità di prendere uno dei giocatori più forti lo fai e basta poi. Se in futuro dovessi diventare proprietario, cercherò di prendere tutti i migliori”.

Sulla forza dei Warriors, invece, si p già espresso più volte e in diverse occasioni i ma non perde la chance di ribadire che questi GSW sono la squadra più forte che abbia mai incontrato. Lo fa utilizzando delle parole molto interessanti, definendo con “most firepower I’ve played against in my career” la forza offensiva dei suoi avversari e ammettendo che c’è poco da fare in difesa quando si gioca contro giocatori così forti.

LeBron in gar 3 ha giocato 46 minuti e quando era in campo il suo plus/minus dice +7. Nei 120 secondi senza il Re sul parquet, la squadra ha un plus/minus di -12 con 0 canestri segnati e 2 palle perse. I media, che vivono su queste statistiche per provare a tirar fuori qualcosa dalla bocca delle stelle, chiedono a James cosa si possa fare per migliorare questa eloquente statistica ma LeBron non ha soluzione: “Non so cosa può essere fatto per consentire alla squadra di eseguire, di giocare e di rendere meglio quando io sono fuori” (I dont know what can be done to empower this team to perform when im out)

Quando poi un giornalista crea una sorta di parallelo tra il suo percorso ai Miami Heat e il percorso di Durant con i Warriors, James ci tiene a chiarire il suo punto di vista: “Non abbiamo assolutamente fatto lo stesso percorso. Quando sono andato a Miami siamo ripartiti da zero, con 8-9 giocatori nuovi e una squadra che ha dovuto ricominciare per prendere me e Bosh, vendendo giocatori importanti, oltre a giocatori come Mike Miller, che ci siamo potuti permettere solo ed esclusivamente perché hanno accettato una riduzione del salario. E la stessa identica cosa è successa qui, quando sono tornato a Cleveland. Il nucleo dei Warriors, invece, era già formato prima dell’arrivo di KD e con lui hanno aggiunto un giocatore pronto al sacrificio, un grande talento pronto a fare tutto il necessario per aiutare la sua squadra a crescere e a vincere. Ma quella squadra aveva già una sua identità definita, costruita attraverso le scelte dei vari draft e convincendo giocatori come Curry, Thompson e Green  a rimanere grazie alle possibilità offerte dal regolamento”. Un ragionamento che, effettivamente, potrebbe non essere sbagliato.

Sulle possibilità che la lega offre, presumibilmente diverse rispetto a quanto era disposta ad offrirne qualche anno fa, LeBron non si schiera contro le scelte di Adam Silver o del suo predecessore David Stern, affermandosi ancora una volta come uomo immagine della lega più bella e complessa di tutte: “È giusto così, questo è lo sport. Credo che questo momento sia comunque fantastico per la nostra lega: guardate gli ascolti TV, gli incassi e gli introiti che si riescono a fare gara dopo gara,  la presenza dei fan. Chi sono io per dire se è giusto o meno? Anche se affronto quattro futuri Hall of Famer sono sempre contento di scendere in campo e avere la possibilità di affrontarli. Sapevo dall’inizio che questa sarebbe stata una delle mie sfide più difficili e si è visto per tutta la postseason quanto i Warriors siano affamati, tutto il talento che hanno a disposizione e quanto bene lavorano insieme: non c’è un singolo giocatore che in quella squadra pensi prima a sé stesso. Quando combini talento, generosità e giocatori che danno il massimo non puoi che ottenere grandi risultati. Sono da 3 anni la miglior squadra NBA: hanno vinto un titolo, lo scorso anno hanno fatto la miglior regular season della storia e ora stanno avendo una delle migliori postseason di sempre. E per come sono messi, sembra che continueranno su questa strada”.

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Salvatore Malfitano Classe ’94, napoletano, studente di legge e giornalista. Collaboratore per Il Roma dal 2012 e per gianlucadimarzio.com, direttore di nba24.it e tuttobasket.net. Appassionato di calcio quanto di NBA. L'amore per il basket nasce e rimarrà sempre grazie a Paul Pierce. #StocktonToMalone