SlowMo Player: THE GREAT WALL

John Wall at Word of God Christian Academy di Raleigh (maxpreps.com)
John Wall at Word of God Christian Academy di Raleigh (maxpreps.com)

I viaggi temporali sono quelli che ti dicono molto, se non tutto, di una persona, su quello che è diventata e su quello che probabilmente è destinata ad essere. Il nostro viaggio parte da Lumberton, in North Carolina. Siamo sulle rive del White Lake e troviamo due John: John Carroll e Jonathan Hildred jr, rispettivamente padre e figlio. Sebbene fossero legati da un legame sanguineo, i due non si conoscono per niente. Si sono sempre visti nei weekend e non per loro volere. Sono stati sempre divisi, fisicamente ed emotivamente da una lastra di vetro, senza mai toccarsi, senza mai abbracciarsi, non avendo la possibilità di vivere un sano rapporto tra padre e figlio. Il motivo è legato alla legge: pochissimo tempo dopo la nascita del secondogenito fu arrestato e incarcerato per una serie di reati tra i quali furto di armi, rapina a mano armata e concorso in omicidio. L’occasione di ritrovarsi, con la famiglia, ed in particolare con il figlioletto John in riva ad un lago non è delle migliori. Non è stato rilasciato per buona condotta né tantomeno per aver scontato la sua pena. Nel ’98 gli hanno diagnosticato un cancro al fegato e la prognosi medica non superava l’anno di vita. Con estrema clemenza e delicatezza, le autorità gli consentono di trascorrere gli ultimi anni insieme alla famiglia che, dunque, raduna intorno a questo lago. La chiacchierata, mai dimenticate dal piccolo, è una di quelle che tende a cambiarti la vita. Per la prima volta tuo padre ti può liberamente guardare in faccia, dirti cosa pensa, mentre ti tiene le mani. Le parole di John senior riguardano il percorso della vita, gli ostacoli che essa ti pone davanti e soprattutto i modi per rendere un uomo migliore, quello che non ha mai fatto. Un padre assente, mai vicino alla famiglia per forza di cose, un uomo devastato dai tanti tragici avvenimenti che ora cerca di spiegare al figlio come diventare un uomo migliore di lui. Ha appena 8/9 anni il piccolo John ma ogni concetto che esce dalla bocca paterna viene recepito immediatamente. Una cosa che emerge con maggior importanza è un modo diretto per diventare quello che tanto desidera papà: conseguire una formazione universitaria. John non la dimenticherà quella giornata al lago, il suo primo vero incontro col padre, nemmeno quando, il 24 agosto dell’anno successivo, John senior si spense tra i dolori lancinanti di una malattia che non ti lasciava scampo. Quelle parole tenetele via, perché serviranno più avanti.

L’unico John della famiglia ora, come sempre del resto, ha un unico punto di riferimento, ovvero sia mamma Frances Pulley. Lavoratrice unica, instancabile, che dedica tutta la sua vita ai figli, Cierra, John e all’ultima arriva con un altro uomo, Tonya. Il contraccolpo familiare per la morte di John sr. fu durissimo, soprattutto sul piccolo John: divenne molto più introverso e soprattutto rabbioso. Questo estremo senso di rabbia lo portò più volte a scontrarsi con le autorità, ree di non aver concesso il tempo necessario per godersi un sano rapporto con il padre. Durante l’high school sono molti gli scontri violenti che coinvolgono John che in qualche modo cerca di sfogare il suo dolore, la sua ira contro chiunque e contro qualsiasi cosa. Il comportamento inizia a diventare un vero problema da controllare. Come la maggior parte dei ragazzi afroamericani, anche il piccolo John si dedica prima al football e le doti, secondo i suoi allenatori non mancano. Fu mamma Frances a spingerlo verso la palla a spicchi, mentra fu la sorella maggiore a cercare di fargli capire che se non cambiava atteggiamento avrebbe fatto la stessa fine del padre. Si iscrive prima alla Garner Magnet High School di Garner, nella Carolina del Nord ma dopo la sua seconda stagione, la famiglia si trasferì a Raleigh e Wall dovette ripetere il suo secondo anno alla Needham Broughton High School. Come da copione, eseguì il provino per entrare in squadra. Secondo i testimoni oculari fu un allenamento impressionante, senza precedenti ma l’aggravante che portò coach Jeff Ferrel a tagliarlo fu sempre lo stesso: i suoi atteggiamenti. Deluso e amareggiato, John cambia per la terza volta scuola. La scelta ricade sulla Word of God Christian Academy di Raleigh. Troppo banale pensare che sia stat oil volere di Dio, ma qui chiaramente la vita, prima ancora che la carriera, di John cambia. Trova una qual certa pace interiore, una tranquillità mai vissuta prima. Coach Levi Beckwith anni dopo ci racconta così il cambiamento di Wall: “Ho dovuto lavorare molto con John affinchè lui non umiliasse i suoi compagni per un semplice lay-up mancato o per altri errori banali. Mi sono soffermato molto sulle sue espressioni facciali, quelle che davano veramente fastidio a tutti. Il lavoro è stato ripagato e John diventò un uomo, oltre che un ottimo giocatore”. Il talento viene affinato, vengono eliminati atteggiamenti violenti e fastidiosi e gli scout iniziano a sentir parlare di un ragazzo molto interessante.  Così, nell’estate del 2007, fu stato invitato al Camp Reebok All-American a Philadelphia. Nella partita conclusiva, John si mise in mostra e segnò 28 punti contro la squadra di Brandon Jennings. Altre chiamate “importanti” per un ragazzo all’high school arrivano presto e l’anno successivo è chiamato all’Elite 24 Hoops Classic, competizione dove vinse il premio di co-MVP insieme a Dominic Cheek, Maalik Wayns e Lance Stephenson. Il suo anno da senior è da incorniciare: 19.7 punti, 9 assist e oltre 8 rimbalzi di media a partita. Le ultime due selezioni, dopo aver mandato giù un boccone più che amaro, perdendo sulla sirena la partita decisiva per il titolo dello stato, furono al Nike Hoop Summit del 2009 (13 punti, 11 assist e 5 palle rubate) e nello stesso anno al Jordan Brand Classic, tenutosi al Madison Square Garden. Una vita emozionante e del tutto nuova, senza rabbia, senza dover per forza fare i conti con gli ha rubato quella parte sana dell’infanzia.

Coach Cal & J-Wall (zimbio.com)
Coach Cal & J-Wall (zimbio.com)

Si arriva al momento in cui John deve scegliere il college. È ricercato da Kentucky, da Duke, da Georgia Tech e da Kansas, insomma dalle migliori della piazza. Tra le scelte c’era anche Memphis, che qualche anno prima aveva sfornato talenti come Tyreke Evans e Derrick Rose. Qui entra in gioco un uomo che tuttora reputa fondamentale: per tutti è coach Cal, ma all’anagrafe è noto come John Vincent Calipari. L’ex coach dei Memphis Tigers (per i semplici parziali 251-68) proprio nel 2009 si trasferisce in Kentucky, alla guida dei Wildcats. John non si lascia sfuggire l’occasione: squadra vincente, allenatore vincente, il mix perfetto. Si approda a Lexington nel maggio del 2009, il quartier generale dei Wildcats e sotto la guida di coach Cal compie un altro passo verso l’uomo migliore che voleva il padre: cordialità, voglia di lavorare, seduto in prima fila a lezione e sempre rispettoso delle scelte degli altri. Ci sono i senior che devono per forza di cose giocare, primo perché sono all’ultimo anno, secondo perché hanno delle potenzialità maggiori rispetto a chi c’è dietro, ai freshmen di turno per intenderci. Durante la prima apparizione con la maglia di Kentucky, Wall gioca appena 28 minuti di gioco ma realizza 27 punti e 9 assist. E qui coach Calipari si ferma, perché ne ha visti tanti di grandi giocatori, ne ha viste tante di promesse, di talenti ma uno come Wall passa raramente. Grandi sorprese ma anche degli episodi molto particolari. Infatti, fu sospeso dalla NCAA per aver incassato quelli che in gergo vengono definiti “benefits” da tale Brian Clifton, membro della AAU (Amateur Athletic Union) ed agente certificato a quel tempo. Il ritorno alle vecchie abitudini, però, non è che un vago passato, un ricordo ormai sbiadito di una vita da adolescente molto diversa da quella degli altri. Per smentire tutti su questa squalifica, alla prima apparizione ufficiale con i Wildcats Wall segnò il canestro della vittoria con appena 0.05 sul cronometro contro Miami University. Se conoscete un minimo l’aria che si respira all’interno della Rupp Arena, potete immaginare dopo quel canestro cosa successe. Il ragazzo che prima odiava tutti, improvvisamente diventa quello che dall’altra parte dell’oceano chiamano BIG MAN ON CAMPUS, ovvero sia il ragazzo che veniva fermato spesso per autografi, foto e così via. In una sola parola, la STAR dell’università. Queste attenzioni non sono mai state date a Wall e lui stesso ne rimane tanto colpito quanto innamorato. Fa di tutto per riuscire a tenersi stretto quel soprannome. Un esempio? Se ora vi recaste nel campus di Lexington e chiedereste a qualsiasi studente quale sia la John Wall Dance avreste una risposta immediata. Anzi, avreste un balletto immediato Tutto ebbe inizio nell’ottobre del 2009 quando alla Big Blue Madness John si presentò così ai suoi nuovi tifosi.

Da lì in poi si scatenò un vero e proprio fenomeno sia all’interno del campus universitario sia su qualsiasi tipo di social (se siete appassionati della materia, un giro su youtube potrebbe schiarirvi le idee). Non ci soffermiamo troppo sulla storia della sua danza ma anche questa icona tenetela sempre aperta perché tornerà utile.

John in campo è un vero e proprio uragano: agile, atletico, rapidissimo, sfrontato, senza paura e quasi mai sotto controllo, forse la sua più grande innata qualità. Il 29 dicembre del 2009, contro Hartford University, Wall fece registrare il record di assist in una singola gara (16, di cui 11 nel solo primo tempo) e si faceva largo nella storia della prestigiosa università. Le statistiche sono letteralmente incredibili: nella stagione 2009-2010 giocò 37 minuti di media, tirando col il 46.1% dal campo, il 32.5% da 3 (non la specialità della casa), 75% ai liberi, distribuendo 6.5 assist, rubando 2 palle a partita e segnando anche 16.6 punti. Con cifre del genere si alzano di parecchio le quotazioni per salire al piano di sopra. Per farvi solo capire la portata del fenomeno Wall, un rapido elenco dei premi vinti nella sua carriera al college: SEC Player of the Year, All-SEC First Team, SEC All-Freshman Team, SEC All-Tournament MVP, SEC All-Tournament Team, NABC Division I All-District 21 First Team, NABC Division I All-America First Team, USBWA All-America Freshman of the Year, USBWA All-America First Team, USBWA All-District IV Player of the Year, USBWA All-District IV Team, AP NCAA All-America First Team, AP NCAA All-America Co-Freshman of the Year, Sporting News NCAA All-America First Team.

Ma siamo già pronti per il piano di sopra? Secondo alcuni John poteva rendersi eleggibile già al draft del 2009 ma alcune regole lo impedivano. Tuttavia, Wall annunciò nell’aprile 2009 che non aveva intenzione di rendersi eleggibile per quel draft perché, come John sr. gli consigliò sulle rive del White Lake, voleva terminare la sua carriera universitaria. Nonostante tutti lo dessero per prima scelta assluta, Joh rifiutò e giocò un altro anno per i Wildcats. La relazione con coach Cal, aperta e del tutto spontanea, lo aiutarono a cresce dal punto di vista umano e tecnico, intellettivamente e tatticamente. Ma al piano di sopra prima o poi ci si deve andare e l’anno scelto fu il 2010. Dopo LeBron James, forse fu lui la prima scelta assoluta più ovvia degli ultimi 10 draft. In quella sera del 24 giugno, fu scelto dai Washington Wizards e a festeggiare fu un altro suo compagno di squadra, DeMarcus Cousins, scelto alla 5 dai Kings, suo centro di riferimento ai Wildcats. Con il salto di categoria, Wall, il primo talento di UK ad essere scelto con la prima assoluta, viene subito riempito di aspettative, attese, pressioni, soprattutto da una franchigia come quella di Washington dove i risultati latitavano da molti anni. Solo per farvi capire a portata dell’evento: il sindaco di Washington DC Adrian Fenty, proclama il 25 giugno come il “John Wall Day” e consegna al rookie una targa celebrativa. Il suo impatto nella Lega non è subito positivo ma la voglia di cresce e di essere “migliore” lo portano ad ambientarsi relativamente presto in un mondo molto diverso dal quale proveniva. Prima di passare alla crescita esponenziale, quella che più ci interessa, chiudiamo con due citazioni piuttosto eloquenti su John Wall. La prima è di Andray Blatche che lo definisce così: «He’s strong, fast, smart and he’s a leader. He’s just a pure talent». La seconda, invece, arriva da una vera e propria istituzione della franchigia dei Wizards, ovvero sia Gilbert Arenas: «Right now, the city is John’s». Non servono ulteriori commenti. A proposito, vi ricordate quell’icona della John Wall Dance? Ecco, date un’occhiata a come si presenta all’NBA nella sua gara di esordio.

 

Passiamo ad occuparci dell’aspetto che la nostra analisi SlowMo prende in considerazione: VISIONE DI GIOCO e NUMERO DI ASSIST. Chiunque abbia visto giocare il #2 dei Wizards con la maglia di Kentucky può affermare con assoluta certezza che l’appellativo di uragano gli calza a pennello. La sua imprevedibilità, unita ad un corpo che gli permetteva di fare qualsiasi cosa, è sempre stata l’arma vincente per lui, quella qualità che non consentiva agli avversari di prendere delle decisioni, perché letteralmente non ti lasciava il tempo. Ma così come nella vita è maturato, è cresciuto, anche sul parquet è stato così. Quando si alza di parecchio il livello del gioco, non puoi continuare ad avere quello che avevi al college o all’high school. Il riadattamento ad una diversa maniera di giocare non è semplice né tantomeno rapido. C’è voluto del tempo e tanta pazienza per vedere un John Wall in formato NBA maturo e consapevole delle proprie possibilità. Non più lo scatenato toro che a furia di coast-to-coast annientava le difese, non più solo 1vs1 spasmodici e conclusi in maniera spettacolare. Ora c’è concretezza, intelligenza tattica, solidità mentale e tanta tanta visione di gioco. Prendiamo come indicatore il numero degli assist: nella sua prima stagione sono 574 in 69 partite; nella seconda ne sono 530 in 66 partite; nella terza ne sono 373 in 49 partite; nell’ultima sono 721, massimo in carriera ovviamente. Da cosa deriva questa crescita nel numero degli assist? Se seguissimo un’analisi superficiale sarebbe facile indicare come fattori di crescita la qualità migliorata dei compagni di squadra (Bradley Beal e Marcin Gortat in primis). Ma non è tutto. Quello che John Wall è riuscito a mettere in pratica è il vero percorso che una point guard come lui deve attraversare, con annessi pericoli e delusioni.

No look pass (gazzettanba.it)
No look pass (gazzettanba.it)

La sua terza stagione è stata la più deludente dal punti di vista numerico per una serie di motivi. Dalla caduta, dalle critiche, dalle “umiliazioni” alla rinascita trionfale ancora non conclusasi. Wall al momento è secondo solo a Rajon Rondo come media assist a sera (Rondo 10.8 – Wall 10.4). La scalata è lunga ma c’è tempo per migliorare, c’è tempo per continuare a crescere. Resterà un mediocre tiratore da 3 punti, questo è chiaro, ma se aggiunge una visione di gioco ancor più ampia, non c’è traguardo inarrivabile per il nostro John. La scorsa notte ha abbattuto il suo record di assist in carriera, arrivando a 17 assistenze in una sola gara.

Per gli amanti delle curiosità: c’è un viaggio che gli ha cambiato la vita ed è stato quello in Cina.  Ha visitato la Grande Muraglia Cinese e ne è rimasto folgorato. Dietro le sue spalle domina un enorme tatuaggio, molto simile ad un graffito che recita “Great Wall” proprio come gli americani chiamano la mastodontica opera architettonica cinese. È quello il percorso che ha fatto John: partendo da un’infanzia dura, difficile, controversa, tortuosa come la Grande Muraglia e pian piano riuscire a prendere il passo per arrivare alla fine, ancora lontana, di questo incredibile meraviglioso viaggio. Un ragazzo che abbiamo conosciuto con la rabbia, con le lacrime agli occhi per la morte del padre e che ha fatto tutto questo per essere migliore, forse IL migliore. Quelle stesse lacrime che la scorsa notte hanno fatto il giro del mondo per via della scomparsa precoce di una sua tifosa.

About The Author

Salvatore Malfitano Classe ’94, napoletano, studente di legge e giornalista. Collaboratore per Il Roma dal 2012 e per gianlucadimarzio.com, direttore di nba24.it e tuttobasket.net. Appassionato di calcio quanto di NBA. L'amore per il basket nasce e rimarrà sempre grazie a Paul Pierce. #StocktonToMalone