Quando Kobe rovinò l'ultimo All Star Game a Jordan

Jordan nudges Bryant

Iniziò tutto l’8 febbraio del 1998,nel posto più magico per fare sport che esiste al mondo, il Madison Square Garden. E’ la storia di due ossessivi,due fenomeni,che riassume la bellezza di questo gioco che tanto ci piace. Uno è un pluridecorato campione NBA, già riconosciuto come uno dei piu grandi di sempre, che si appresta a vincere il sesto titolo con i suoi invincibili Chicago Bulls, l’altro è la 13esima scelta degli Hornets del draft 1996,passato ai Lakers in cambio di Vlade Divac, all’esordio in un All Star Game,il più giovane di sempre a farlo a soli 19 anni e 175 giorni. Kobe Bryant,anche se lui farebbe di tutto per negarlo,ha sempre idolatrato Michael Jordan e nel suo repertorio ci sono decine di colpi che ricordano il fenomeno di Brooklyn.
Ma Michael terrorizza tutti e un suo compagno di squadra,più esperto e meno incosciente di lui,gli dice “qualsiasi cosa fai,non guardarlo negli occhi” la risposta di Bryant è fulminante: “Perchè c**** non dovrei guardarlo negli occhi? Io faccio che c**** mi pare”.
È il suo modo di stare al mondo, di fronte a un magazziniere e di fronte a sua altezza Jordan. L’All Star Game si conclude con Michael ancora MVP,ma Kobe grida al mondo che sta arrivando.

9 febbraio 2003,Philips Arena di Atlanta,Georgia. Il mondo si prepara all’ultimo dei 14 All Star Game di Michael Jordan,che a 40 anni gioca la sua ultima stagione NBA prima del terzo e definitivo ritiro. Il pre-partita è un omaggio a questo semi-Dio,a cui viene tributato il giusto omaggio per una carriera irripetibile. Il pubblico lo osanna,i giocatori in campo quasi si prostrano alla grandezza di questa leggenda vivente. Primo Overtime: gli dei del basket si travestono da scenografi e fanno trovare le due squadre in perfetta parità,la palla è dell’Est. Il tiro della vittoria spetta a Jordan. Servito da Kidd,uno contro uno su Shawn Marion,tiro in fade away e la palla accarezza la retina. Un’opera d’arte,l’ennesima della sua collezione. L’ultimo tiro,all’ultimo All Star Game a 40 anni,in un overtime,che vale la vittoria. Il pubblico è in visibilio,sembra Pechino al Capodanno del Drago. Ma ce n’è uno che tra i 20.325 della Philips Arena e i 24 in campo non è d’accordo ad entrare nella Storia dalla parte sbagliata. E’ uno che ha licenziato la sua sorella maggiore perchè non lavorava bene in una delle loro società. E’ uno che ha portato in tribunale sua madre perchè gli ha venduto all’asta dei cimeli dell’highscool. E’ uno che non vuole perdere neanche a carte con i nonni a Natale. Figuratevi in un All Star Game. E così quando mancano 3 secondi,in una situazione in cui il 99% degli esseri viventi al mondo avrebbe fatto scadere il tempo,o magari avrebbe tirato senza troppa convinzione,facendo calare il sipario sul trionfo di Jordan,va via a Jermaine O’neal,gli cerca la mano e si procura 3 tiri liberi. Ne sbaglierà uno,a dimostrazione che è umano anche lui,sotto una pioggia di fischi della Philips Arena. La partita la vincerà l’Ovest e sarà ricordata principalmente per i 2 overtime e per l’MVP a un devastante Kevin Garnett.

Ma è la storia di una festa rovinata,che per carità non intacca minimamente l’onnipotenza di re Mike,ma ha fatto capire a tutto il mondo,se ce ne fosse ancora bisogno, che magari non sarà stato il più grande di sempre,ma uno con la voglia di vincere di Kobe Bean Bryant non è mai nato e probabilmente non nascerà mai più.

 

 

 

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Salvatore Malfitano Classe ’94, napoletano, studente di legge e giornalista. Collaboratore per Il Roma dal 2012 e per gianlucadimarzio.com, direttore di nba24.it e tuttobasket.net. Appassionato di calcio quanto di NBA. L'amore per il basket nasce e rimarrà sempre grazie a Paul Pierce. #StocktonToMalone